C’é bisogno di un altro Tolstoj?

[Da una stanza d’hotel sullo Stretto di Messina]

Grand Hotel Excelsior, Reggio Calabria.

Sulla creazione del nuovo.

Sto leggendo in questi giorni, chiusa in un hotel sullo Stretto di Messina, l’ultimo libro di Igor Sibaldi -Al di là del deserto-

Apprendo che nella tradizione ebraica l’acqua è un simbolo del passato, la terra rappresenta ciò che esiste in concreto ed è già conosciuto da molti, mentre il cielo simboleggia ciò che gli uomini ancora non sanno.

Dalla mia stanza al 4^ piano vedo tanta acqua, tanta terra e tanto cielo di questa strana e meravigliosa città in cui sono finita per strane e meravigliose coincidenze a passare questo strano e meraviglioso capodanno.

E sarà per via dei post di questo periodo sui buoni propositi 2018, sarà per via di Sibaldi, sarà per via del paesaggio dalla finestra, ho riflettuto molto in questi giorni di solitudine e silenzio sulla creazione intesa come il lasciare agire forze per far esistere qualcosa che prima non c’era.

Un uomo un giorno è investito da una nuova sensazione, una nuova emozione, una nuova idea, un nuovo pensiero.

Qualcosa che non è ancora conosciuto in terra, che arriva dal cielo.

Fino a quel momento non esistevano ancora in terra chiese, case, musiche, oggetti, poesie, quadri, ponti, strade, libri, statue che potessero esprimere questa sensazione, questa idea.

E allora l’uomo che ha provato questo nuovo, giunto dal cielo, vuole concretizzare questa idea, questa sensazione, per poterla rievocare per se stesso e per trasmetterla anche agli altri.

Inizia quindi a costruire in terra ciò che è nuovo, ciò che ha provato solo lui, ciò che non è ancora conosciuto. Proprio per poterlo rivivere e per farlo conoscere a tutti.

Si creano così case, chiese, libri, aziende, film, ponti, strade, quadri, canzoni, formule matematiche, ricette di cucina, squadre di calcio.

Mi scriveva un amico qualche giorno fa che Tolstoj era solo un bambino russo quando è nato.

Poi è diventato Tolstoj.

Dal cielo deve essergli giunta un’emozione, un pensiero, che prima non c’era e che ha potuto rievocare per se stesso e per noi che lo abbiamo letto o lo leggeremo, solo scrivendo ciò che ha scritto.

Mi piace questa cosa.

E mi piace pensare che il capodanno sia il momento propizio per lasciarci emergere, abbandonare le vecchie acque per elevarci a nuovi pensieri, nuove emozioni e nuove idee che nel vecchio anno non ci appartenevano.

E poi lasciarci agire dalle giuste forze per concretizzare questo nuovo che ancora non conoscevamo.

Ti auguro (e mi auguro) quindi, che questi giorni di passaggio ti diano il coraggio di provare nuove sensazioni, sperimentare nuovi pensieri, e che poi soprattutto ti diano la forza, la determinazione e la costanza per creare quel nuovo che prima non c’era.

Fosse anche solo una piccola minuscola cosa bella per te che nel 2017 non c’era e nel 2018 ci sarà.

Perché bastano le cose piccole e minuscole, sai? L’importante è che siano belle e che siano per te.

Non nasce tutti i giorni un bambino russo che diventerà Tolstoj.

Ma probabilmente non ce n’è neanche bisogno.

Buon 2018

Elisabetta Ruffino

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