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Giorgio Gori: la persona che voterò, domani.

4.3.18

Domani, 4 marzo non ’43, si dovrebbe andare tutti insieme non allo zoo comunale, però quasi.
Chi trova tutte e Tre le citazioni, nella prima frase di questo Sabato Bollanico, vince un peluche.

Beh, non voglio farvi faticare, e siccome sono tirchio in quanto per metà ebreo e notoriamente cresciuto nell’estremo Ponente, vi do la soluzione. No, non sto citando Fabri Fibra, che è tanta roba.
Dalla, Jannacci e Freak Antoni.
Volete anche i titoli? Andateveli a cercare.

Certo, non mi bastano Tre nomi per essere meno odiato dai miei amici cattocomunisti, che mi tacciano di essere troppo sciur padrun, troppo liberal, troppo precisino per il loro gusto estetico, fatto di canzoni di Jannacci strimpellate anche bene.
Ma loro, a differenza di me, il mio quasi omonimo pugliese milanese ma soprattutto amico, genio e medico di base, docente alla Civica Scuola di Musica di Milano, non lo hanno forse nemmeno mai visto in concerto.

E invece io si.
Ed era il mio ventinovesimo compleanno.
E mi sono commosso, come non mi è mai successo, se non durante un concerto di Lucio, l’ultimo che vidi, e uno dei pochi che abbia visto da seduto, perché con Lucio ho sempre lavorato.
Ero in platea, con Cusella, discografico storico e suo amico.

Tornando a Jannacci, beh: lo abbiamo dimenticato, se non per quel poco che gli si dedica, sempre strumentalizzando a sinistra un po’ troppo più del dovuto.
Anche lui era di sinistra, come lo sono io, ma a una condizione: solo se si tratta di essere dalla parte del più debole.

“A me, tutti questi alternativi del cazzo, hanno rotto i coglioni”.
Sto citando un mio amico omonimo omomimo, Enzo Bellini, che ieri ha avuto questa sortita stupenda, su Facebook.

L’ho letta proprio mentre ero circondato da questa categoria umana, che mi odia e che non mi vuole, se non per analizzarmi e banalizzarmi.
No, non sono io la vittima.
Sono loro le vittime, del loro credo politico storpiato.

Già una volta, Tre anni fa, qashqai o cashqai o caddy nel rischio di diventare non dico leghista, però quasi.
Postavo i post di Salvini, Due volte al giorno.
Le volte in cui aveva ragione, che sono le stesse di un orologio rotto.

Più per presa di posizione verso questi personaggi della domenica, che per idea politica.
Anche perché, sul grande prato verde di Pontida, di politica non ce n’è. E nemmeno nascono speranze.

Al massimo, a Pontida, c’è la Morte della nazione che abbiamo l’onore di vivere, a nostra insaputa.
Una nazione, un Paese, insomma una cosa in cui non mi riconosco, e che odia chiunque sia una sorta di giovane e faccia impresa, perché fare impresa è peccato e va contro il buon Dio, ma va bene far sparire Emanuela Orlandi, mettere i mafiosi romani nelle cripte e custodire i segreti di Andreotti.

Va bene tutto, meno che rispettare la Storia e il Bello, unico motivo per cui oggi valga la pena andare ancora in chiesa a sentire uno che dica come ci si debba comportare, senza aver avuto il coraggio di farlo in prima persona.

Domani, se fossi uno stolto, non voterei.
Ma mi sento un cretino, ad andare a votare.

C’è solo una persona capace di prendersi tutta la mia stima, e la voterò per la Lombardia: Giorgio Gori.
E poi c’è Francesca Ulivi, che difende i diritti dei malati cronici, e che stimo anche perché era direttrice dell’area Informazione a MTV Italia, quando io ero direttore di produzione in quella realtà ormai lontana, ma che ha segnato la mia vita e che mi ha dato molto, nei primi anni Duemila.

Era l’estate del 2003… Un pomeriggio assolato.
No, questa è un’altra canzone.

Chiedo venia a chi non mi capisce.
Non farò nulla per facilitare la leggibilità.

Enzo Bollani | Il Sabato n.1

Asso, 3 marzo 2018.

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