Gigi in the sky with (out) a diamond

Il curioso caso di Gianluigi Buffon. La lunghissima e irripetibile carriera di Super Gigi è giunta all’ultima curva, almeno per quanto riguarda l’avventura in bianco e nero.

Non è (o sarà), doveroso specificarlo, un ritiro come tutti gli altri. Lascerà il calcio l’ultimo grande campione che ha calcato il rettangolo verde negli anni ’90, uno dei pochissimi ancora in attività dell’Italia campione del mondo nel 2006.

Se il portiere è per definizione un uomo solo, nel momento dei saluti di Buffon tutti i tifosi italiani si sono sentiti meno sicuri e protetti, privi di quella pellicola invisibile ma granitica applicata tra un palo e l’altro da SuperGigi in 23 anni di carriera.

Superlativo assoluto che indossa i guanti, un supereroe della porta accanto e per questo non privo di contraddizioni, difetti, debolezze, mai nascoste e anzi esibite con lo stesso orgoglio di una prodezza in campo. Non è mancata, sarebbe stato impossibile il contrario, qualche uscita a vuoto.

L’ultima in ordine temporale è rappresentata dallo sfogo successivo ed eccessivo all’eliminazione beffa subita dalla Juventus con il Real Madrid, forse la più bruciante in assoluto.

Senza dubbio, la doppietta Svezia-Real ha intristito in modo marcato l’ultima stagione di Buffon, segnandone in qualche modo il percorso di fenomeno sfortunato. Se Paperino incontra Gastone, bisogna fare i conti con gli alti e bassi del fato.

Degli errori commessi su e giù da un palco vi è traccia (psicologica) principalmente nel diretto interessato, deviazioni forse impreviste ma necessarie, fondamentali per mescolare l’uomo fallibile alla leggenda infallibile.

Una vita in tuffo, sempre a faccia in avanti. La faccia innanzitutto, prima ancora di cuore, cervello e talento, come sinonimo di percorso umano e professionale. Buffon ci ha sempre voluto mettere la faccia, ancor più volentieri quando c’era da difendere un compagno in difficoltà o una squadra in crisi.

Le innumerevoli vittorie di squadra e i record personali conquistati solo la naturale conseguenza di carisma e personalità che straripano, contagiano, strabordano e affondano le radici nello spogliatoio, da sempre cuore e segreto delle fortune pallonare.

Un quarto di secolo a difendere una porta, la propria squadra, sé stesso.  Venticinque anni a dire ‘no’, negare la gioia estrema del calcio, un costante e inappellabile coito interrotto per i mancati orgasmi di attaccanti e tifosi avversari.

“Tranquilli, ci pensa Gigi”, è un pensiero stupendo costretto a fare i conti con le lancette del tempo ed andare in pensione. Nella costellazione dei più grandi atleti non solo del calcio ma dello sport in generale, la storia di Gianluigi Buffon occupa un posto privilegiato in prima fila.

Per aumentare sensibilmente il fascino di un’esistenza fuori dal comune, assieme a Buffon si ritira anche la speranza europea. Il Miracolo, stavolta,  non è riuscito nonostante i diversi tentativi.

Un soffio del destino a spostare, sempre e comunque, la coppa dalle grandi orecchie dalle mani, anche quando sembrava oramai afferrata. Maledizione Champions League, il diamante inseguito da Buffon con ferocia ossessiva nell’ultimo tratto di carriera ha ‘congelato’ la carta d’identità ma anche cristallizzato l’unico sogno, rimasto tale per l’eternità.

Una tragedia sportiva greca bonsai, dentro una grande storia d’amore, intensa e di puro insinto, a tratti eccessiva. Forse irripetibile.

Pasquale Romano | FormaSostanza
Reggio Calabria, 18 aprile 2018.

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