Tutta colpa di Fabio Fazio.

Nei mesi scorsi, da questo sito, parlavo di quella che sembrava essere la fine della Littizzetto e, di conseguenza, di una parte importante della trasmissione di Fabio Fazio: “Che Tempo che fa”.

Beh, è stato evidentemente un errore, perché quella comicità, che ancora tira fuori termini come “floppy disk” o similitudini before 2k come “Liscio come un CD” pare sia non soltanto di nuovo attuale, nel contenuto più che nell’estetica delle similitudini, ma anche urgente.

Questo perché, da una stagione televisiva all’altra, il crollo della Libertà catodica (beh, faccio del mio peggio anch’io) è stato più che verticale. Addirittura concavo, convesso. Insomma, viene da rimpiangere la RAI di Del Noce, rispetto alle sortite di un ex innovatore, come Carlo Freccero.

Che cos’ha fatto Freccero, per avere perso se stesso?

Forse, ha trovato un riparo nel gruppetto dei pentastellati, nome degno di un cartone animato nipponico, indicati da Berlusconi come il nemico da combattere.

 

Beh, Berlusconi va rivalutato, come la Littizzetto.

Freccero, dall’alto della sua poltrona, trova il coraggio di dire, a Due giorni dalla messa in onda di “C’è Grillo”, titolo rubato a una trasmissione di Adriano Celentano del ’72, casualmente in contro-programmazione su Canale 5, che il flop indiscusso della trasmissione più politica che comica, sia da attribuire a Fazio e al suo “Che fuori tempo che fa”, il cui unico limite è quello di essere uno dei pochi spettacoli degni del canone in bolletta.

Il resto della RAI è ormai fuffa allo stato brado. Se non fosse per Fazio, e per la Littizzetto ancora un po’ “Tutti giù per terra”, ma sicuramente al di sopra di tutte le comiche arrivate dopo, ci sarebbe il deserto.

 

Insomma, resterebbero solo le trasmissioni di Marzullo, che ormai intervista i cameraman, e fa rovinare le canzoni degli altri da gruppetti degni del peggior matrimonio dei peggiori amici poveri degli amici dei Casamonica. Basti citare quanto accaduto lunedì, con l’orrendo speciale su Mino Reitano.

 

In sintesi: sarebbe bello, a una certa età, andare in pensione. Se non altro perché è un epilogo molto triste, per una carriera brillante come quella di Freccero, il doversi ridurre a bersagliare Fabio Fazio, per difendere un comico che fa ridere solo quelli che votano M5S, con battute sulla Sindrome di Asperger che peraltro, il suo elettorato indiretto che però elegge bibitari sul web, manco sa cosa sia.

Ride perché deve ridere. Vota perché deve votare loro, ma la speranza è che continui a non guardare le trasmissioni che il regime, perché ormai è indubbio sia un regime (anche brutto), vuole imporre a tutti i costi.

Per fortuna, o per grazia ricevuta, l’elettorato pentaignorante non accende nemmeno più la televisione, perso dietro alle scie chimiche a alle fake news alle quali, ormai, persino gli umarell faticano a credere.

 

Mi auguro, tra un anno, a non dovermi trovare con il sito chiuso, per aver osato proferire parola su Grillo, che peraltro incontro a Santa Margherita Ligure più facilmente di quanto possa incrociare i gabbiani (loro sono andati a fare colazione con la Raggi, a Roma), e che mi è simpatico. Quando si limita a comprare tutte le case rimaste, in quel del Tigullio.

Per il momento, più di ogni altra sindrome, forse è il caso di combattere la Sindrome di Freccero, nonostante sia un Freccero un po’ troppo spuntato, irriconoscibile, vetusto come quelli che Grillo critica, dandoli per zombie.

 

Enzo Bollani | Milano, 30 gennaio 2019

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