“Va bene essere incasinati. La gente non deve necessariamente essere perfetta. Non deve essere intelligentissima. Non deve seguire le regole. Può divertirsi“:
questa è la filosofia, in sintesi, di John Belushi, uno di quei comici destinati a consegnarsi all’eternità, a imprimersi nell’immaginario collettivo di tutto il Mondo occidentale, soprattutto grazie alla pellicola che lo renderà riconoscibile, per sempre: “The Blues Brothers“.
Così imponente, in tutti i sensi, da oscurare quasi il fratello, in senso artistico e di amicizia, cosa rara a Hollywood come a Cinecittà: Dan Aykroyd.
Parlare dei Blues Brothers fa pensare a Belushi, immediatamente, perché la verve comica innata, mai forzata, il suo ruolo da improvvisatore e situazionista, coadiuvato anche da una cultura fuori dal comune, rispetto alla media statunitense, lo porterà a costruire imitazioni di personaggi come Ghandi o Mussolini, oltre a fare quello che sanno fare tutti quelli bravi: prendere di mira i tic, i tic tac e i vizi, le virtù vere e false, della nazione in cui si vive.
Nel 1975, quando andrà a ricoprire quello che si rivelerà un ruolo di primo piano, con Dan Aykroyd, al Saturday Night, il Mondo era già inconsapevolmente globalizzato, e anche parecchio.
Se gli sketch venissero tradotti, in Italia, il più delle volte risulterebbero persino attuali, come si conviene ai classici.
Poco è cambiato, tecnologie a parte, e spesso tempi televisivi, ma quello che è cambiato, non sapremo mai quanto, è il cinema comico americano, quindi globale.
Senza Belushi, un film come Ghostbusters perde molto mordente, e lo si può dire a scatola chiusa, basandosi solo su un’ipotesi.
Per contro, la sua dipartita ha fatto emergere un attore come Eddie Murphy, già destinato a Beverly Hills Cop, ma rimasto scolpito nella memoria di tutti come coprotagonista di “Una poltrona per Due”, immancabile a Natale.
Cosa sarebbe stata, “Una poltrona per Due“, senza un elemento fondamentale, come la contrapposizione tra bianco e nero?
A 37 anni dalla tragica autodistruzione di John Belushi, possiamo solo salvaguardare quel capolavoro involontario che sarà, sempre, “The Blues Brothers”, con il bianco e il nero della Dodge Monaco della polizia, le musiche nere e soul, l’atmosfera di un decennio che finiva, per fare largo all’edonismo reaganiano.
Da sottolineare, in “The Blues Brothers”, la presenza di Aretha Franklin.
Più Blues di così, non è più possibile.

Enzo Bollani | Milano, 5 marzo 2019.

Enzo Bollani nasce a Milano in una sera di maggio del 1981, quindi può definirsi un Youngtimer. Progettista, Musicista e organizzatore, ha esordito nel 1997 nel mondo della Televisione e della Discografia, lavorando principalmente in Rai e con artisti del calibro di Adriano Celentano, Lucio Dalla e David Bowie.Avrebbe voluto essere Architetto a tutti gli effetti, ma al momento disegna biciclette.Opera principalmente a Milano, ma è costantemente in movimento. Ha inventato questo simpatico sito, oltretutto. Se lo stai leggendo, spero ti piaccia.