l’eterna lotta tra il Rock e il Pop.
Dal 4 marzo, stiamo assistendo a una stupida e vacua diatriba, persino parossistica.
Bisogna mangiare il vocabolario, per guarire, o evitare di accedere ai social, o aprire i giornali.
Addirittura si è scomodato il Sole 24 Ore, che ormai parla di tutto, meno che di Economia, disquisendo in tono giovanilistico di automobili, con termini e locuzioni da parchetto di periferia, così come si sono scomodate le testate consone a confronti che non possono reggere.
Voler dividere il pubblico, su personaggi che non ci sono più, è macabro e irrispettoso verso il pubblico stesso, e verso i personaggi stessi.
Dividere tra Guelfi e Ghibellini, come tra quelli che O amano i Beatles, O amano i Rolling Stones, fa solamente schifo.
Sono Tre Giorni che si va avanti con questa tiritera assurda, con questo scontro tra titani, tra chi voleva essere Dylan, perché nessuno vuole essere Robin, e chi si impasticcava al Cocorico, con i DJ che schifavano il pubblico dei Prodigy.
Io, che i Prodigy li ho visti dal vivo, con Lucio Dalla, che impazziva per loro, saltando e ballando come mai più mi è capitato di vedere, così come ho visto la prima puntata di Beverly Hills 90210, amando solamente il close up sui cerchi a 7 fori della Porsche 944 S2 Cabrio, vorrei sottolineare che, tra l’era Beverly Hills e l’era Prodigy, ballasse un lustro.
Non mi sembra di essere così vecchio, anagraficamente, perché molti degli autori di tali articoli usciti in questi Tre giorni, hanno anche qualche anno più di me.
E io ne ho 37, sottolineerei, giusto per dirvi che, in prima media a Muggiò, città famosa per averci dato Morgan, che però la ripudia definendosi monzese (lui si che è chic, lui si che è rock), facevo collezione di figurine di questi dementi della High School per gente arricchita che se la tira.
Un telefilm antesignano di Rich Kids, quindi dell’italiana Riccanza, sempre di MTV, con la differenza di avere una narrazione scarna, tirata per i capelli, con un James Dean con tanto di Porsche finta (come lui, del resto), che a un certo punto si trovava persino a dover svendere la sua vita, che aveva problemi di varia natura, come l’altra borderline della serie, che era Andrea e arrivava con l’autobus, salvo poi diventare figa anche lei.
Non so come, perché io mi ricordo solo questi dettagli, come una Corvette cabrio senza freno a mano, che scivola da un vialetto in pendenza, e si sfascia contro un’altra auto.
Flash di quegli anni, vicini e lontani al tempo stesso, che provano a emergere e a soppiantare gli anni ’80, ma senza riuscirci, perché sono anni tristi.
Gli anni ’90 sono quanto di più cupo la Storia potesse darci, nei decenni di pace, in cui i retaggi ottanteschi sopravvivono fino alla Seconda Repubblica, in Italia, e fino alle macchie dure a morire ma facili a venire, in America.
I Prodigy, al successo, arriveranno solo nel 1997, in un mondo completamente diverso rispetto a quello del 1992, o del ’93.
Gusti e stili completamente diversi, e soprattutto carriere diverse, ruoli diversi, abbastanza imparagonabili.
La sfiga di morire lo stesso giorno, anche ironica, come ironica fu quella terribile data del 1 marzo 2012, con Lucio Dalla che se ne va dopo una telefonata, simultaneamente a un bestemmiatore patentato come Germano Mosconi, che peraltro ho scoperto esistere solo nel giorno in cui ha smesso di esistere, induce il lato populista dei giornalisti a infondere e a costruire contest, competizioni senza senso.
Dov’erano, questi individui, mentre i Prodigy erano in classifica con il loro unico vero successo, “Smack my Bitch up“, e mentre Beverly Hills 90210 andava in onda?
Stavano dormendo, o ascoltavano Paolo Vallesi prima, e i Backstreet Boys dopo?
Posso capire la lotta tra Backstreet Boys e East 17 e derivati, dai Blue ai Savage Garden, ma mi sembra stupido, come è, dividere il pubblico tra quelli che amavano l’ultimo James Dean (finto) e l’ultimo sopravvissuto dell’era Trainspotting.
Più che l’eterna lotta tra Rock e Pop, visto che sono entrambi fenomeni Pop, sembra l’eterna lotta tra il mare e la montagna, raccontata da Elio e le Storie Tese in un pezzo finito nel dimenticatoio generale: “Ignudi tra i nudisti”.
E meno male, aggiungerei.
Anche se dovrei stare zitto, visto che, in quell’estate del 2008, giravo le piazze con “Aggiungiscimi”, con un nome finto.
Fintage.
Enzo Bollani | Milano, 6 marzo 2019.

Enzo Bollani nasce a Milano in una sera di maggio del 1981, quindi può definirsi un Youngtimer. Progettista, Musicista e organizzatore, ha esordito nel 1997 nel mondo della Televisione e della Discografia, lavorando principalmente in Rai e con artisti del calibro di Adriano Celentano, Lucio Dalla e David Bowie.Avrebbe voluto essere Architetto a tutti gli effetti, ma al momento disegna biciclette.Opera principalmente a Milano, ma è costantemente in movimento. Ha inventato questo simpatico sito, oltretutto. Se lo stai leggendo, spero ti piaccia.